Tutto il mondo segue con apprensione gli avvenimenti che, durante questi ultimi giorni, hanno segnato la regione dell’Afghanistan. Dopo una guerra di venti anni, dai costi umani ed economici incalcolabili, il ritiro delle forze armate statunitensi lascia il Paese in un tragico baratro.
Saranno i più deboli a pagare un prezzo altissimo. Decine di migliaia di persone sono in fuga dalle loro case, mentre i talebani occupano, oltre alla capitale, quasi tutto il Paese. Assieme al personale delle ambasciate, anche i pochissimi sacerdoti, religiosi e religiose che si trovano a Kabul si stanno preparando al rientro obbligato.
All’Angelus del 15 agosto Papa Francesco ha auspicato che «la martoriata popolazione di quel Paese, uomini, donne, anziani, bambini» possa «ritornare alle proprie case, vivere in pace e sicurezza nel pieno rispetto reciproco». Il Vescovo Massimo ha seguito nella preghiera ciò che sta accadendo. Ci ha rilasciato questa dichiarazione: «Tutto il bene seminato in questi 20 anni in Afghanistan (penso, per esempio, alla presenza italiana e al sacrificio di 50 nostri fratelli) non sarà senza frutto, anche se non possiamo valutare i tempi e i modi di tale fioritura. Purtroppo anche il male fatto gli errori commessi non saranno senza conseguenze: chi, durante questi 20 anni, ha seminato morte, distruzione e odio ha inaugurato una lacerazione che sarà difficile rimarginare. Invito tutte le comunità cristiane della nostra Chiesa ad unirsi, domenica prossima, alla preghiera della Chiesa italiana, affinché nasca una nuova epoca di conoscenza e di ascolto dei differenti volti di quel popolo e, soprattutto, un tempo di educazione attraverso le scuole e di libertà religiosa e culturale».
Come Caritas Italiana e diocesana accompagneremo questo Paese e i suoi abitanti, attraverso la rete solidale di Caritas Internationalis, già attiva per l’accoglienza dei profughi in Pakistan dalle primissime ore.
Esprimiamo profonda preoccupazione per tutta la popolazione afgana ed in modo particolare per le donne e le minoranze, tra le quali non possiamo dimenticare le piccole ma attivissime comunità cristiane ancora presenti.
Il Vescovo ci ha assicurato l’interessamento attivo della nostra Diocesi affinché, in accordo con Caritas Italiana e con le amministrazioni locali, si possa dare un concreto contributo per accogliere famiglie di profughi provenienti da quelle terre.
Si ricorda che è già possibile contribuire economicamente con offerte che andranno a sostenere progetti in loco della rete Caritas ed eventuali accoglienze sui nostri territori.