Modalità

di lavoro

Mentre è certo, per nostra fortuna, che molti problemi di vita si risolvono, con altrettanta certezza sappiamo che mai essi vengono risolti. Da qui l’esigenza di capovolgere la prospettiva, pensando all’aiuto: di cominciare a vedere l’aiuto anche come una qualità degli aiutati e non solo degli aiutanti, a vederlo dunque come una qualità relazionale. Il paradigma fenomenologico-relazionale… prova a mettere al centro del sistema il «farsi della cura» (caring) mediante le relazioni, vale a dire le diverse preoccupazioni bene-intenzionate emergenti dal disagio esistenziale percepito.  Il problema dell’aiuto così reimpostato, che ci è noto sotto il titolo ancora non ben compreso di empowerment, richiama il paradosso biblico delle pietre scartate che diventano testata d’angolo. Le pietre difettose non solo vengono utilizzate, anziché gettate: diventano portanti. 

Fabio Folgheraiter, “La logica sociale dell’aiuto Fondamenti per una teoria relazionale del welfare”

Il lavoro pastorale della Caritas prevede di mantenere aperti contemporaneamente due fuochi: quello relativo all’accompagnamento delle persone in difficoltà e quello relativo all’animazione senza diventare strabici, ma facendo convergere lo sguardo all’accompagnamento delle persone in ottica animativa e all’animazione in ottica di rete di fronteggiamento.  

Per quanto riguarda l’accompagnamento, le persone che incontriamo sono uomini, donne e nuclei familiari in situazione di multi-problematicità. Gli aspetti su cui s’intende, in primo luogo, intervenire sono quelli del disagio alimentare, sanitario, abitativo, lavorativo e relazionale; tuttavia si vorrebbe superare la logica della risposta al bisogno standardizzata per passare ancora più convintamente alla logica dell’accompagnamento relazionale delle persone, dove al centro dell’aiuto non sta la competenza dell’operatore ma la relazione che si crea con la persona in difficoltà, la quale metterà in campo le sue risorse per fare fronte alla situazione difficile e dove le proposte sono diverse da persona a persona e cucite su misura.

La complicazione e cronicizzazione delle povertà presenti sul territorio ci richiama alla necessità di costruire, pazientemente, percorsi di prossimità con queste persone, condividendo con loro cammini di progressiva responsabilizzazione caratterizzati da un accompagnamento costante e dal coinvolgimento del territorio di provenienza. In questo senso, si intende lavorare molto anche per qualificare meglio la capacità degli operatori e volontari delle realtà Caritas del territorio nell’accompagnare le persone, migliorando e intensificando l’attività di “mentoring” ad opera della Caritas diocesana.

Si sta verificando una convergenza fra la visione dei poveri (e dell’azione di aiuto rivolta a loro) proposta dalla Chiesa (in particolare dalla Caritas fin dalla sua fondazione) e la riflessione accademica sul welfare e le relazioni di aiuto.

La visione dello sviluppo umano integrale, che deriva dalla Dottrina Sociale della Chiesa, trova un riflesso più nitido negli approcci di welfare che superano l’assistenzialismo ponendo al centro la persona e le sue potenzialità, in particolare noi abbiamo trovato molto senso e molte affinità nel paradigma relazionale proposto dall’Università Cattolica di Milano con cui stiamo collaborando. 

Questa convergenza ci stimola a continuare la riflessione sulle nostre pratiche di aiuto, per uscire sempre più dalla logica della divisione “da una parte chi aiuta e dell’altra chi viene aiutato” e passare alla logica del noi, del “ci si salva solo insieme”, ancora meglio dalla logica del fare per qualcuno alla logica del fare con qualcuno, di quello che Folgheraiter definisce paradigma relazionale.