“Quella notte dormii in macchina, nella piazzetta antistante la chiesa parrocchiale, per precauzione e per paura, dopo le scosse dei giorni precedenti. Alle 3.32 sono stato svegliato dalla terribile scossa… a distanza di giorni mi sogno ancora la facciata della chiesa che oscillava come fosse di gomma, il pavimento della piazza che pareva acqua mentre bolle, la case vicine che perdevano pezzi. Poi, il silenzio, per pochi assurdi e interminabili momenti un silenzio surreale. Subito dopo, le grida di spavento, le urla di dolore, il vociare delle persone che cominciavano a correre, la distruzione, la morte, la disperazione. Sarà difficile riportare serenità e speranza, ma rimango qui, nonostante il pericolo, proprio per questo, per stare in mezzo alla mia gente“.
Queste le parole di un parroco a pochi giorni dal terremoto che ha sconvolto L’Aquila 12 anni fa.
Abbiamo cercato di esserci, di stare in mezzo alla popolazione colpita, per portare aiuti e, soprattutto, per non fare morire la speranza, proprio come ci aveva testimoniato il parroco.
Un ricordo speciale alle vittime, alle famiglie colpite da morte e distruzione, alle comunità private della vita normale per anni. E un grande grazie a tutti coloro che ci hanno aiutato nell’opera di solidarietà, agli offerenti, ai volontari che si sono alternati nelle iniziative di gemellaggio, a Caritas Italiana che coordinò un positivo fiume di generosità.
Ancora una volta, un abbraccio a L’Aquila.